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RUOTE della CAROVANA

adriano zambelli

NON UCCIDETE LA MERAVIGLIA

Einstein, il famoso genio matematico tedesco, disse una volta: «Perdere il senso dello stupore e della meraviglia significa quasi morire, cessare di vedere».
Il cervello dell'uomo è giovane finché è curioso ed ha voglia di scoprire le cose, ma la curiosità nasce sempre dalla meraviglia che ogni scoperta comporta. Perdere il senso dello stupore è distruggere la forza creativa e inventiva dell'uomo, bloccare la civiltà e il progresso.

Guardiamo in faccia gli uomini che non sanno più meravigliarsi: né delle cose belle che Dio ci ha messo intorno, né dell'uomo, delle sue capacità, dei suoi sentimenti. Diventano duri, impassibili nel loro rigido tran-tran quotidiano, anche il divertimento diventa monotonia e non sanno più gioire. Il divertimento diventa vizio che non porta all'allegria ma chiude terribilmente in se stessi.
È il volto dell'uomo di oggi che si lascia imbrigliare dal consumismo, dalle mode, dal meccanicismo e non sa godere della vita. Ma chi si lascia incantare potrà avere sempre la speranza di sorprendersi felice, come un bambino che vede il mondo per la prima volta, gode di ogni attimo, sempre nuovo e ricco di emozioni della vita.
Il Circo è il grande dispensatore di meraviglia e di stupore: lo spettacolo, le luci, i colori, i lustrini, l'abilità dell'uomo, il rapporto così «unico» con gli animali è capace di donare momenti di emozione, sorpresa, meraviglia!
Non uccidiamo, quindi, la meraviglia! perché la meraviglia è fonte di speranza, la speranza è il motore della vita.
Ma per chi sta al di qua della barriera, per chi la «meraviglia» degli altri è frutto di sacrificio e di impegno? Quali sono i momenti di meraviglia, quindi di crescita e di speranza?
Il Circo è duro, richiede impegno, costanza, sforzo fisico ed organizzativo.
Il circo non vuole pause, richiede un legame stretto dell'uomo con il suo lavoro: i viaggi, lo spianto, l'impianto, le prove, gli animali richiedono un impegno costante; anche di notte si dorme con un occhio solo sempre attenti al vento o ai rumori che vengono dalle scuderie. Eppure, nonostante questo, la magia del circo avvince di più l'artista che lo spettatore perché realizza una «meraviglia» in un rapporto singolare con “chi” si «meraviglia».
È l'emozione del successo, del vedere facce meravigliate e allegre, è il sorriso degli adulti o la risata fragorosa dei bambini. Lo spettacolo è spettacolo per il pubblico che osserva meravigliato, ma diventa spettacolo anche per il circense che lo realizza e che sa meravigliarsi delle reazioni del suo pubblico, delle capacità del suo fisico, della prontezza dei suoi riflessi, dell'intesa coi suoi compagni, o che sa meravigliarsi dei suoi animali, delle loro reazioni ai suoi comandi, che ne intuisce gli umori e le aspettative. E tutto questo è spettacolo nello spettacolo, ma uno spettacolo, intimo, profondo che solo chi è nel mezzo della pista scopre e conosce.
E poi l'applauso che non è «il premio delle nostre fatiche» quasi a conclusione di un'opera, ma lo stimolo a crescere, ad essere migliori, a scoprire in noi il senso della speranza che completa i nostri sforzi.
A questo punto si intuisce «con meraviglia» la missione (il valore cristiano della vita) dell'uomo di circo: lasciarsi emozionare dalla vita per provocare negli altri la stessa emozione; scoprirsi meravigliati della vita per donare meraviglia, conquistare in noi la speranza per poterla donare agli altri. Fare di ogni spettacolo un momento di festa per noi e per gli altri per collaborare così al grande progetto di Dio che ci vuole partecipi della sua festa.

 

In Cammino, luglio 1986